ARVÌ O STRAVATTENE?1
Cifre vergognose! Cioè da fare vergognare. Ma davvero così ci si fa vicini al territorio d'origine con la presunzione di promuoverne gli aspetti culturali?
Prima di proseguire, tanto per chiarire un concetto fondamentale e troppo spesso frainteso, per cultura si deve intendere tutto ciò che avviene all'interno di una società. I primi aspetti culturali che identificano una società, un popolo, sono: la lingua, la spiritualità, anche quando questa mancasse, e la cucina. Mentre tutto ciò che li racconta potrebbe avere rilevanza artistica se detto attraverso i linguaggi possibili, tutti possibili, dell'arte.
Si verifichi, ora, se tutti gli artisti partecipanti all'edizione 2025 (seconda e ultima, mi pare di poter predire senza particolari capacità divinatorie), constatato il cachet che sarebbe stato preteso dal M° Enrico Melozzi solo per assistere alla proiezione registrata de La Notte dei Serpenti nella Città di Atri (15.000 euro più I.V.A., unico motivo che avrebbe, evidentemente, giustificato la sua presenza nella Città Ducale degli Acquaviva, località magnifica che certamente merita ben altra evidenza che la banalità di questi conti da oste), siano stati regolarmente contrattualizzati e pagati, oltre a essere loro garantiti vitto, alloggio e rimborsi come sembrerebbero assicurati agli altri membri dello staff (per queste voci di spesa, si tratterebbe, per il 2025, di un esborso pari a 100.000 euro più ospitalità, tutto a carico delle casse del Comune di Atri).
Si indaghi su questo aspetto, invece di lanciarsi in inchieste di scarso o proprio nessun interesse pubblico sulla discussa paternità di canzonette popolari: trattasi qui, al contrario, di temi di rilevante interesse pubblico, essendo in discussione diritti dei lavoratori e opportunità di spesa pubblica.
Un artista che presiedesse una manifestazione culturale dove fosse stato giustamente contrattualizzato e retribuito ma non si sincerasse che tutti gli altri artisti sottoposti alla sua direzione siano stati ugualmente regolarmente contrattualizzati e retribuiti, sarebbe attore di un atteggiamento grave e vergognoso, eticamente e moralmente esecrabile, altro che canzonette, altro che dubbi d'autore e opportunità di esecuzione.
Mentre sarebbe, letteralmente, da scacciare a calci nel culo quell'artista, giustamente contrattualizzato e retribuito, che, ben consapevole che i suoi diretti non sono in alcun modo regolarmente contrattualizzati e retribuiti per mancanza di fondi, perché: "Nci 'sta li solde."2, continuasse, da stolto, la sua direzione artistica, e addirittura lamentasse per sé e solo per sé ulteriori scritture e pagamenti.
E sia detto chiaro e una volta per sempre: il modo più corretto di trattare il canto e la canzone popolare, per brevità detta "etnica", è quello che propone Valfino al Canto (Arsita, Teramo, ogni anno dal 9 all'11 agosto: è sicuramente la festa più bella del mondo), cioè per la strada, tra la gente, vale a dire usando la voce, anche la più stonata, e qualche strumento battente, anche quello più improbabile, perché la musica popolare non necessita di alcuna direzione: è puro istinto, un divertimento che in origine non aveva alcuna pretesa se non quella di alleviare la fatica – e chi pretendesse di poterne fare altro da questo, ne tradirebbe l'originalità, che è il suo unico e preziosissimo valore, mettendo in atto una azione intellettualmente disonesta perché atta solo a ridurla a prodotto più facilmente commerciabile, cioè a un'altra cosa da vendere bene.
Poi, ecco, due parole mi corre l'obbligo di spenderle per i cari atriani, città che è nel mio cuore, che frequento da sempre e appena posso – c'è un ristorante delizioso dove cucinano molte cose della nostra tradizione, l'Hostaria Zedi, dove non vedo l'ora di tornare –; ecco, cari atriani, ma davvero cari: se proprio la sera non sapete con chi guardare la televisione, chiamatemi, che verrò gratis, ma mai a vedere quello spettacolo televisivo dozzinale che il M° Melozzi ha fatto della nostra musica popolare, tra l'altro costosissimo.
Si facciano cose serie con la penna, invece di imbrattar carta, o schermi, offrendo visibilità a dei maestri di maleducazione, o propriamente ineducati.
MASSIMO
RIDOLFI
- termini dialettali teramani che si traducono in: "Ritorna o Rivattene (di corsa)?"
- ancora dal dialetto teramano: "Non ci sono i soldi."